Selene Framarin musica Frankenstein (1910)
Selene Framarin
Clarinetto, Clarinetto basso, loop station effetti

Da alcuni anni Selene Framarin indirizza la sua attività di clarinettista allo studio dell’aspetto corporeo del fare musica: gesto, fisicità, potenzialità performative del repertorio, fino al vero e proprio teatro musicale. Esplorando le relazioni fra letteratura musicale e varie forme di teatro, realizza spettacoli che si muovono fra suono, mimo e parola. Inizia questo percorso mettendo in scena Harlekin, composizione di Karlheinz Stockhausen per un unico clarinettista-mimo-danzatore. Con il pianista Alfonso Alberti realizza in seguito Masked Music, un esperimento sulle relazioni fra la musica d’oggi e varie forme di maschera (di cui uscirà un dvd per LimenMusic nell’estate 2019). Selene Framarin si è diplomata in clarinetto con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio di Milano, si è perfezionata in Teatro Musicale presso la Haute Ecole des Arts de Berne e nel repertorio contemporaneo presso la Lucerne Festival Academy. Ha studiato teatro di movimento con Giovanni Fusetti e Matteo Destro presso Helikos, International School of theatre Creation a Firenze. Lavora a contatto con noti compositori: hanno scritto per lei Roberto Andreoni, Daniele Bravi, Carlo Galante, Gabriele Manca, Marco Molteni, Riccardo Panfili, Maurizio Pisati, Yoichi Sugiyama. Si è esibita per società e luoghi come: Fondazione Guggenheim (Venezia), Lucerne Festival, Salle Pleyel (Parigi), Sala Yamaha (Yokohama), France Télévisions (Strasburgo), Festival Borealis (Bergen), Tiroler Festspiele Erl, Milano Musica, MITO, Accademia Filarmonica Romana. Selene Framarin è stata docente del Conservatorio Nazionale Edward Said in Palestina e artista volontaria nelle missioni al confine turco-siriano di Clowns Without Borders, e crede nel significato civile del fare musica, testimonianza tangibile del pensiero intorno alla realtà.
Frankenstein

Regia di J. Searle Dawley
con Augustus Phillips, Charles Ogle, Mary Fuller
b/n, durata 13 minuti, USA, 1910
Frankenstein è un cortometraggio muto del 1910 prodotto dalla Edison Studios, scritto e diretto da J. Searle Dawley. È il primo adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Mary Shelley. Il cast, composto da Augustus Phillips, Charles Ogle e Mary Fuller, non è accreditato. Fu girato in tre giorni, negli studi della Edison nel Bronx a New York. Anche se alcune fonti vedono Thomas Edison come il regista di questo film, in realtà non diresse mai uno dei film prodotti dalla sua compagnia. Nel 2018 il film è stato restaurato dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
a seguire
Frankenstein Junior (1920)

Regia di Mel Brooks
con Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Teri Garr, Cloris Leachman, Gene Hackman
b/n, durata 106 minuti, USA, 1974
Il film ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, 2 candidature a Golden Globes
Il nipote del famigerato barone Frankenstein, neurochirurgo americano, va in Transilvania e decide di ripetere l’esperimento dell’avo. Crea un mostro di incommensurabile bontà. Più che una parodia è una reinvenzione critica della nota storia (1818) di Mary Shelley, carica di comicità che diventa qua e là poesia. Un bianconero di alta suggestione. Attori bravissimi. Scritto dal regista con Wilder. L’eclettismo parodistico di Mel Brooks gli fa realizzare nello stesso periodo Mezzogiorno e mezzo di fuoco e Frankenstein Junior ma è il secondo destinato a rimanere nella storia del cinema. Perché in questo caso riesce ad andare ben oltre alla parodia grazie forse anche alla collaborazione di Gene Wilder alla sceneggiatura. La cura dei particolari è segno dell’amore che Brooks prova per il cinema che vuole prendere amabilmente in giro. Le location sono un continuo rimando ai tempi che furono. L’arrivo del treno alla stazione viene girato sul set di Prigionieri del passato, il furto del cadavere è collocato vicino alla chiesa in cui Greer Garson si sposava ne La signora Miniver e l’assalto degli abitanti del villaggio fa uso del set de I fratelli Grimm. Ma c’è di più: per il laboratorio Brooks richiama in servizio Ken Strickfanden (all’epoca ottantenne) che era stato scenografo sul set del film di Whale.
Tutto questo, unito a una straordinaria fotografia in bianco e nero e all’uso di musiche utilizzate nelle colonne sonore dell’epoca, conferma l’attenzione quasi maniacale nella ricostruzione del clima giusto. Su questa base si innerva un umorismo che non vuole essere dissacrante e che lascia trapelare la nostalgia senza però frenare la comicità. Questa si dispiega grazie a un Wilder la cui nevrotica calma apparente ha modo di esplicitarsi in tutte le sue varianti sostenuta com’è dai coprotagonisti tra i quali spiccano gli occhi indimenticabili di Marty Feldman, Igor da antologia con gobba mobile in grado di permettersi degli sguardi in macchina che ricordano allo spettatore che la sua complicità è necessaria per un divertimento che è però comunque assicurato e resiste nel tempo.
Giancarlo Zappoli